lunedì
16 OttIo mi sento italiano. Profili e storie della “seconda generazione”.Tina Zhang
di Tina Zhang.
iMille sostengono l’approvazione dello Ius Soli e pubblicheranno da oggi storie e testimonianze sul tema.
Nata a Roma nel 1991 da genitori cinesi, a 18 anni acquisisce la nazionalità italiana. Si laurea in Mediazione linguistica e culturale all’Università degli Studi dell’Insubria e poi in Scienze Internazionali all’Università degli Studi di Torino e in China Studies alla Zhejiang University.
Da dove viene la tua famiglia e in quale paese ti senti più a casa?
La mia famiglia viene da Wenzhou, una città sulla costa orientale della Cina a tre ore di treno veloce da Shanghai. Sono nata a Roma ma sono cresciuta in una piccola città del Nord Italia. Crescere in una realtà di mille abitanti, in cui la mia era l’unica famiglia non italiana, mi ha fin da subito abituata all’idea che ero diversa dalle altre bambine, seppur da piccola non capissi fino in fondo cosa questo comportasse. Non avendo mai avuto amici stranieri coetanei non ho mai avuto un confronto aperto sul tema ed ho elaborato questo stato di diversità da una prospettiva differente dalla comune dicotomia “straniera” o “italiana”. Se un tempo avevo una visione più negativa dell’argomento, oggi, dopo anni passati a viaggiare all’estero, credo di potermi definire una sintesi di due parti di me che coesistono in armonia: la mia parte italiana è al 100% italiana e la mia parte cinese è al 100% cinese. Non c’è quindi un paese in cui posso dire di sentirmi più a casa rispetto ad un altro. Mi sento a casa quando sono tra persone che riescono a vedere oltre la mia apparenza e a quello che c’è scritto sui miei documenti. Non è un paese a definire la mia identità, ma le esperienze di vita che ho fatto indipendentemente dalla locazione geografica.
Cosa ha significato per te acquisire la cittadinanza italiana?
L’acquisizione della cittadinanza italiana è stata molto importante per me, perché mi ha permesso finalmente di muovermi liberamente in gran parte del mondo. Da un punto di vista più emotivo tuttavia non sento che l’essere diventata formalmente italiana abbia minimamente cambiato la mia condizione di perenne straniera in qualunque paese io mi trovi. In Italia incontro continuamente persone che mi si rivolgono in inglese o addirittura si complimentano per il mio italiano anche quando metto ben in chiaro che sono nata in Italia. In Cina i locali tendenzialmente notano che c’è qualcosa di diverso nei miei movimenti, nel mio linguaggio del corpo, nel mio abbigliamento o perfino nella tonalità della mia pelle e si accorgono in fretta che c’è qualcosa di strano nel mio accento. Anche quando scoprono che sono italiana, però, sembrano non volerci credere, e si aspettano sempre che parli perfettamente la lingua come una madrelingua. Il fatto di avere scritto “cittadina italiana” sul passaporto non ha automaticamente cambiato la mentalità delle persone, ma è senz’altro stato un passo avanti e fondamentale nel mio percorso di crescita identitaria personale.
iMille.org – Direttore Raoul Minetti
[…] *pubblicato sulla rivista iMille […]