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16 MarLa sfida della salvaguardia dello Stato di Diritto nell’Unione Europea
Martina Coli è la vincitrice del Premio Jo Cox per studi sull’Europa (terza edizione). Ha studiato presso la Scuola Superiore Sant’Anna, Pisa, e l’ Universita’ di Firenze (Scuola di Scienze Politiche Cesare Alfieri), attualmente studia presso il Collegio d’Europa.
La mia tesi ha per oggetto l’analisi degli strumenti a disposizione dell’Unione europea per garantire lo Stato di Diritto. L’esigenza di questo studio nasce dalla constatazione che in alcuni stati europei è attualmente in corso un allarmante processo di diffuso e crescente diniego dei valori fondanti l’Unione europea, ora sanciti dall’art. 2 del Trattato Ue, fra cui lo Stato di diritto (“Rule of Law”). Quest’ultimo concetto, seppure di vaga e sfuggente definizione, dovuta anche all’assenza di una nozione condivisa a livello europeo, può essere approcciato in maniera sostanziale, denotando un sistema in cui non solo l’osservanza delle leggi è rispettata, ma la democrazia e il godimento dei diritti fondamentali sono ugualmente garantiti. Questa nozione è stata abbracciata nel mio elaborato, qualificando lo Stato di diritto sulla base dei sei criteri elaborati dalla Commissione di Venezia: principio di legalità; certezza del diritto; divieto di arbitrarietà del potere esecutivo; accesso alla giustizia dinnanzi a corti indipendenti e imparziali; rispetto per i diritti umani; non discriminazione e uguaglianza davanti alla legge.
Davanti alla necessità di proteggere e rafforzare lo Stato di diritto, l’Unione si è dimostrata inadeguata nel mettere in atto azioni e politiche efficaci volte alla salvaguardia dei propri valori. La cosiddetta “crisi dello Stato di diritto” è dunque duplice: se da un lato le riforme autoritarie adottate in alcuni paesi membri rappresentano una sfida allo Stato di diritto a livello europeo, dall’altro l’Unione si è riscoperta incapace di fornire una risposta adeguata e di salvaguardare quei valori fondamentali che sono al centro della sua natura sovranazionale.
Alla luce di ciò, dopo aver inquadrato il concetto di Stato di diritto nel contesto europeo ed aver presentato gli strumenti a disposizione dell’Unione, tracciandone anche l’evoluzione storica, nel mio elaborato ho esaminato i vantaggi e i limiti dei suddetti strumenti, al fine di proporre metodi più efficaci per affrontare la crisi dello Stato di diritto. Oggetto di particolare attenzione è stato l’Articolo 7 del Trattato Ue, la cosiddetta “doppia” procedura prevista dai Trattati per fronteggiare le violazioni sistemiche dei valori europei, nonché i relativi rischi. Sebbene per lungo tempo considerata (impropriamente) una sorta di “opzione nucleare”, il meccanismo preventivo previsto al paragrafo 1 dell’Articolo 7 è stato recentemente attivato dalla Commissione europea contro la Polonia. Tuttavia, la natura altamente politica e la vaghezza dei criteri di attivazione della suddetta procedura, nonché la mancanza di volontà politica da parte degli stati membri, gettano ombra sulla sua effettiva implementazione.
Successivamente, oltre agli ulteriori strumenti previste dai trattati, in primis la procedura di infrazione, sono stati presi in esame gli strumenti cosiddetti di soft law e le più recenti proposte di riforma in discussione nelle istituzioni Ue e in dottrina.
Una parte del mio elaborato è stata poi dedicata all’analisi di un caso pratico, quello polacco, dove l’attacco allo Stato di diritto si è realizzato anzitutto attraverso l’ingerenza del potere politico sull’indipendenza del potere giudiziario, a seguito della vittoria elettorale del partito Diritto e Giustizia nel 2015. Davanti alla necessità di fronteggiare il progressivo e rapido deterioramento dello Stato di diritto in Polonia sono emerse in maniera ancor più chiara le difficoltà dell’azione dell’Ue e l’inefficacia degli strumenti di soft law. In particolare, il ricorso da parte della Commissione al “Nuovo quadro per rafforzare lo Stato di Diritto”, uno dei meccanismi di più recente introduzione, si è dimostrato decisamente inadeguato, determinando allo stesso tempo un problematico processo di elusione del quadro giuridico previsto dai trattati.
Nell’ultima sezione della mia tesi ho sviluppato un’analisi dei più recenti sviluppi in materia, approfondendo in particolare il ruolo della Corte di giustizia dell’Unione europea nella protezione dello Stato di diritto. L’analisi conclusiva ha rivelato che, al fine di salvaguardare i suoi valori fondanti, l’Unione dovrebbe fare miglior uso degli strumenti a sua disposizione, in primis attraverso un ricorso più saggio alla procedura di infrazione e alla procedura ex Articolo 7, nonché sfruttando le potenzialità di un collegamento tra l’erogazione dei fondi strutturali e il rispetto dei valori.
Infine, per quanto riguarda gli sviluppi futuri, particolare attenzione dovrà essere prestata all’evoluzione della giurisprudenza della Corte di giustizia europea, la quale sta dimostrando un ruolo sempre più proattivo nell’assicurare il rispetto dei valori europei. Per quanto concerne invece le ricerche future, queste dovrebbero concentrarsi innanzitutto sull’identificazione di parametri chiari d’identificazione dei valori europei: uno sforzo da considerarsi preliminare non solo per garantire un uso più efficiente degli attuali strumenti, ma anche a qualsiasi tentativo di riforma dei suddetti.
iMille.org – Direttore Raoul Minetti
[…] *pubblicato sulla rivista iMille […]