La scuola giallo-verde. Un’analisi dei primi passi del nuovo governo
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La scuola giallo-verde. Un’analisi dei primi passi del nuovo governo

La scuola giallo-verde. Un’analisi dei primi passi del nuovo governo

di Francesco Rocchi.

Cosa bisogna attendersi per il futuro della scuola? In quale direzione si vuole muovere il nuovo governo al riguardo? Il neo-ministro Bussetti ha dato diverse interviste e, per quanto possa essere prematuro, si può cominciare forse a cercare di capire verso quale tipo di gestione della scuola andiamo incontro. Il profilo del ministro è stato finora apprezzabilmente pacato, ma non parco di informazioni. Alcune linee di fondo sembrano già chiaramente delineate, mentre su altre questioni sembra esserci un certo margine di incertezza o di oscillazione.

Possiamo cominciare questa breve disamina dal rapporto del nuovo ministero con la diretta eredità della precedente legislatura, cioé la Buona Scuola, che secondo uno dei tanti slogan della campagna elettorale (non quello che ha attratto maggiori attenzioni, a dirla tutta), doveva essere semplicemente smantellata.

A quanto pare, tale smantellamento non ci sarà, o sarà parziale. E’ stata eliminata, questa sì, la cosiddetta “chiamata diretta” dei docenti da parte dei presidi, al fine di ritornare al sistema precedente di graduatorie sostanzialmente “automatiche”. Si tratta quindi un ritorno alla tradizione, ma questa forse era la giusta direzione in cui procedere, nonostante la chiamata diretta fosse meno rivoluzionaria di quanto suggerisse il nome. Non si trattava infatti di assunzioni liberamente disposte dalla scuola, ma della scelta da parte dei presidi di docenti che erano sarebbero comunque stati nella graduatoria dei trasferimenti o del concorso.

Il senso era di permettere alle scuole di vagliare i profili dei docenti in base alla necessità concrete dei singoli istituti. Il ricavare (faticosamente) questo sia pur piccolo spazio di indipendenza nelle scuole aveva però comportato un tale aggravio burocratico che gli stessi presidi, molto spesso, avevano rinunciato alla facoltà loro garantita e si erano attenuti alle graduatorie. Il fatto che il docente così scelto non fosse titolare di cattedra nella scuola, ma nell’ambito territoriale (una rete di scuole che copre solo un pezzo di provincia) aveva reso la cosa poco appetibile anche ai docenti, perché la “chiamata del preside” sarebbe durata solo tre anni, al termine dei quali il preside avrebbe deciso cosa fare. La prospettiva di dover cambiare scuola per divergenze con il preside (non già di essere licenziati, sia chiaro) ha fatto trovare ai docenti poco desiderabile tale scelta. Si torna dunque indietro senza sostanziali rimpianti.

Per quanto riguarda invece l’Alternanza Scuola-Lavoro, essa rimarrà. Era forse la parte forse più esecrata della buona scuola da parte dei grillini, ma il ministro ne ha riconosciuto il valore nell’avvicinare gli studenti al mercato del lavoro. Quali siano i risultati concreti dell’ASL nella ricerca del lavoro è in realtà assai presto per dirlo, dato che sta arrivando a regime soltato ora, ma anche così richieste di revisione ne sono state avanzate diverse, sia in termini di monte ore sia di obbligatorietà. Far fare tante ore di stage in maniera obbligatoria ha spesso costretto le scuole a puntare molto sulla quantità e poco sulla qualità, anche qui con una complicazione burocratica piuttosto esasperante. Il neo-ministro, in una recente intervista (link) sembra aver preso atto delle difficoltà, dichiarando che saranno introdotti dei correttivi. Non avendo ancora detto quali, il nodo rimane dunque aperto.

Sulle assunzioni dei docenti, le cui modalità sono state anch’esse investite dalla Buona Scuola, il ministro Bussetti sembrava dapprima volersi muovere in continuità col precedente governo. Nell’intervista già linkata sopra aveva confermato sia le modalità di assunzione sia i nuovi concorsi messi in programma dalla ex-ministra Fedeli, ma nel giro di pochi giorni sembra aver cambiato radicalmente idea, dichiarando di voler congelare i nuovi concorsi. Ciò è coerente quanto quanto espresso dal responsabile scuola, della Lega, Mario Pittoni, che ha detto di voler dare la precedenza ai precari con più di 36 mesi di supplenza, sia pure senza scardinare il sistema dei concorsi (link).

La proposta non è del tutto chiara perché si tratterebbe di riesumare le mai rimpiante graduatorie ad esaurimento, le quali però accoglievano non tutti i precari ma soltanto i docenti abilitati, che a loro volta sono già entrati quasi tutti attraverso la Buona Scuola. Non si capisce bene chi dovrebbe entrare in tali graduatorie, quindi, ma è possibile che Pittoni pensi in primo luogo alle maestre di scuola primaria diplomate (ovvero non laureate) cui una recente sentenza del Consiglio di Stato ha negato il diritto ad essere assunte in ruolo. In una intervista a Rep (link) il ministro ha infatti dichiarato di aver pronto un provvedimento proprio per loro, sia pure nel rispetto delle sentenze.

Sia come sia, il congelamento dei concorsi è una doccia freddissima per gli insegnanti che in questo momento sta investendo tempo, denaro ed energie per ottenere i 24 crediti in materie didattico-pedagogiche necessari per accedere al concorso. La ragione di tale congelamento, garantire un avvio ordinato della scuola a settembre, sembra piuttosto debole, visto che non ci sono sovrapposizioni di sorta tra concorso (ancora tutto da fare) e inizio dell’A.S. 2018/2019. La cosa è tanto più amara se si considera che i nuovi insegnanti, tra crediti, concorsi e tirocinio triennale, avrebbero costituito la coorte di docenti meglio formata da molto tempo a questa parte. Anche questo è coerente con l’inizialmente non dichiarata intenzione di rivedere anche la forma dei concorsi, per arrivare ad un sistema regionale in cui un candidato dovrebbe, parrebbe, dichiarare la propria scelta di domicilio lavorativo (qualsiasi cosa ciò voglia dire –link). A ciò si accompagnerebbe, come detto nelle interviste linkate, il ritorno al vecchio divieto triennale di cambiare provincia dopo l’assunzione, cosa che dovrebbe scoraggiare chi si fa assumere in una regione per passare immediatamente in un’altra (tipicamente da nord a sud).

Altrettanto amara è la notizia che l’unità di missione governativa per la riqualificazione dell’edilizia scolastica è stata smantellata. Considerando lo stato pietoso delle scuole italiane, è una scelta difficile da comprendere.

Ci sono anche altri dettagli su cui si è espresso il nuovo ministero (ad esempio nel rapporto con gli istituti, scolastici ed universitari, di stampo cattolico), ma il grosso degli interventi sembra essere in questi ambiti.

Che dire? Il ministro Bussetti ha senz’altro ragione quando dice che non è il caso di fare strappi. Ma in realtà qui degli strappi ci sono, sulla pelle degli insegnanti e della relativa qualità didattica. E non si vede un progetto di crescita: gli unici cambiamenti sembrano essere di carattere corporativo (a favore delle insegnanti diplomate prima del 2001 che ancora non si sono abilitate) o regionalistico, ma sono interventi di brevissimo respiro. L’impressione è che si vada dunque verso una gestione minimalistica con correzioni di stampo leghista.

Si vedrà.

iMille.org – Direttore Raoul Minetti
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