giovedì
22 FebQuale Europa? Storia dell’integrazione europea nel pensiero del PCI
di Calogero Laneri.
Il Partito comunista italiano è senza alcun dubbio una delle forze politiche europee più indagate dalla storiografia internazionale e tale interesse è spiegabile alla luce delle peculiarità che ne hanno caratterizzato la storia: l’essere stato il più grande partito comunista del mondo occidentale e contemporaneamente la forza egemone della sinistra italiana. Se l’attenzione degli storici nei confronti dell’azione nazionale del Pci è sempre stata costante – poiché, come ricorda Adriano Ballone, interrogarsi sul Pci significa interrogarsi sull’intera storia repubblicana del nostro Paese – innumerevoli sono stati anche gli studi che hanno indagato la politica internazionale del Partito. Proprio quest’ultimo filone di studi, in passato dominato dalle considerazioni sul rapporto tra comunisti italiani ed Unione Sovietica, in anni recenti si è arricchito di interessanti lavori di ricerca circa il rapporto tra il Partito ed il processo di integrazione europea.
Tale materia, che si basa sugli imprescindibili contribuiti di Severino Galante, Mauro Maggiorani e Paolo Ferrari, è estremamente interessante poiché pone in essere il tentativo di estendere ad un’entità politica più complessa l’intuizione gramsciana secondo la quale fare la storia di un partito consente di scrivere la storia generale di un Paese. Studiare l’evoluzione delle posizioni dei comunisti italiani in merito al processo di integrazione europea ci fornisce, pertanto, un duplice campo d’analisi rappresentato dall’evoluzione della politica estera del Partito dal secondo dopoguerra al suo scioglimento da un lato e da un originale punto di osservazione dal quale scrutare la storia della costruzione comunitaria dall’altro. Se quello tra il Pci e l’Europa è un rapporto travagliato, che si sviluppa in un vasto arco temporale nel quale il Partito muta integralmente le proprie posizioni, nel mio lavoro ho preso in esame gli anni che intercorrono tra il 1979 e il 1984 poiché è intorno a questa fase storica che, sotto la guida di Enrico Berlinguer ed in virtù del suo impegno diretto nel Parlamento europeo, giunse a compimento la piena e convinta collocazione del Pci tra le forze dell’europeismo.
Per una più articolata analisi delle posizioni dei comunisti italiani verso il progetto europeo, ho individuato nelle elezioni europee del 1979, nell’intervento sovietico in Afghanistan, nell’elaborazione del «Progetto Spinelli» ed in ultimo nelle elezioni europee del 1984 le cesure che, meglio di altre, descrivono il tentativo di ricollocazione del Partito sullo scacchiere internazionale. Le posizioni assunte dal Pci berlingueriano in merito a questi eventi fanno emergere l’immagine di una organizzazione politica che sta abbandonando definitivamente ogni riserva circa la scelta europea, che si impegna attivamente all’interno delle istituzioni comunitarie e che lavora – pur non sconfessando l’appartenenza al movimento comunista internazionale – alla costruzione di rapporti privilegiati con le forze socialiste e socialdemocratiche dell’Europa occidentale. In ultima analisi lo spoglio della stampa comunista, fonte principale del mio lavoro, testimonia come l’impegno europeo, durante gli anni della segreteria Berlinguer, non rappresenti uno tra i tanti fronti internazionali, ma caratterizza ed influenza tutta l’azione politica del Partito, con la definizione, proprio in quegli anni, di un nuovo orizzonte ideologico che pone nuove ed importanti domande a tutto il movimento comunista sulla definizione stessa delle qualità che dovrebbero contraddistinguere una futura società socialista. Al netto dei differenti e contrapposti giudizi sulla segreteria Berlinguer, il «sorpasso» del Pci sulla Dc, evento che conclude l’arco temporale da me preso in esame, divenne simbolicamente momento conclusivo del lungo e contradditorio «cammino verso Occidente» dei comunisti italiani.
Tuttavia, lo sgretolamento ideologico che segue alla morte di Berlinguer, insieme alle trasformazioni che investiranno il Partito tra il 1989 e il 1991, pose in evidenza le aporie dell’eclettico europeismo del Pci – che Antonio Varsori definisce «socialista, neutralista e tendenzialmente terzomondista» – che, con la tragica dipartita del suo principale animatore, viene deprivato della propria forza dialettica e delle posizioni più progressiste. Crollato il Muro di Berlino, l’europeismo, sostituendosi all’internazionalismo, diverrà infatti, come scrive Varsori, il «maggior punto di riferimento ideologico» della sinistra postcomunista a conferma di come non sia possibile prescindere dalla dimensione europea per comprendere pienamente le vicende che, sul finire del «secolo breve», investirono la sinistra italiana.
iMille.org – Direttore Raoul Minetti
[…] *pubblicato sulla rivista iMille […]