A che serve il voto all’estero?
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A che serve il voto all’estero?

A che serve il voto all’estero?

di Giovanni Faleg.

Giovanni Faleg
Candidato alla Camera dei Deputati nella ripartizione America settentrionale e Centrale (Partito Democratico)
Segretario del Circolo PD di Washington, DC
Ex Consulente alla Banca Mondiale e Ricercatore al Centre for European Policy Studies

 

Caro Direttore,

Ci stiamo avvicinando a nuove elezioni in un clima di grande confusione, tra richiami populisti, alleanze contraddittorie e impossibili promesse elettorali, con il forte rischio che i risultati del voto fotografino un paese diviso e ingovernabile.

Quello che è certo è che tanti cittadini italiani non si fidano più della classe politica. Sono delusi, in molti casi arrabbiati, si sentono abbandonati. La lunga crisi economica e le ondate di migranti arrivati sulle coste italiane hanno diffuso una sensazione di paura, particolarmente tra le fasce più deboli della popolazione, facendo emergere una forte richiesta di maggiore sicurezza e di protezione. Tuttavia, le ricette di chi parla di protezionismo, di dazi e chiusura delle frontiere, di rimpatri, rischiano di allontanare l’Italia dagli obiettivi di crescita, di renderla vulnerabile, isolata, spaccata ed incoerente con la propria storia di emigrazione.
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In questo quadro complesso i cittadini italiani residenti all’estero si trovano a scegliere i loro rappresentanti, votando per corrispondenza. In molti hanno sollevato forti perplessità, o polemizzato sulla reale utilità del voto estero. Chi sono gli italiani all’estero? Per quale motivo devono essere rappresentati in Parlamento? Come mai mantenere una complessa e costosa macchina elettorale fuori dai confini nazionali, soprattutto visti gli scarsi risultati portati a casa dai rappresentanti provenienti dall’estero negli anni precedenti?

Se la domanda è lecita, la risposta ci porta a riflettere sul valore delle comunità italiane all’estero. L’Italia, infatti, può avere scordato chi siamo, considerando noi emigrati come una categoria marginale e lontana dalle problematiche del paese, alla quale elargire qualche servizio senza troppo entusiasmo. Ma non può ignorare quello che abbiamo fatto, e quello che possiamo realizzare. Non può sminuire il duro lavoro, i traguardi raggiunti, ed i sogni realizzati da noi italiani all’estero. Non può dimenticare il coraggio e la passione con le quali abbiamo portato alto il nome dell’Italia nel mondo.

Siamo il valore che abbiamo saputo creare nel tempo, con sacrifici, ambizione e ingegno. Siamo le vecchie generazioni di emigrati, che si sono radicate in altri paesi guadagnando il rispetto e l’ammirazione delle comunità ospitanti. Ma siamo anche la nuova generazione di emigrati mobile e qualificata, che tiene alto il prestigio del nostro paese in tanti settori, dal commercio, all’industria, alla ricerca scientifica.

Tutti insieme siamo una realtà vibrante che il nuovo quadro della globalizzazione rende rilevanti per la crescita economica, sociale e culturale dell’Italia. Insieme, i cittadini italiani all’estero possono chiedere un cambio di passo, far sentire la propria voce e portare il loro contributo di esperienza e di conoscenza per costruire un modello di sviluppo economico, multiculturalismo, progresso e giustizia sociale.

Per questi motivi, il voto estero costituisce un’occasione importante per ricostruire un rapporto di fiducia tra gli elettori e gli eletti, scegliendo sulla base della competenza, della capacità di portare qualità e spirito di servizio in Parlamento. Mandando un messaggio forte: non esiste una inutilità del voto estero, sebbene siano esistiti un cattivo utilizzo della rappresentanza, ed una incapacità di focalizzarsi sui temi che contano per il nostro interesse nazionale.

Business, ricerca, servizi, questi sono i temi che contano. La globalizzazione offre opportunità che non sono più circoscritte ai confini nazionali. Un’Italia con una forte proiezione internazionale deve saper mettere a disposizione dei propri cittadini queste opportunità, favorendo iniziative imprenditoriali sui mercati globali, sostenendo le connessioni fra aziende di italiani all’estero e aziende in Italia, potenziando il business to business. Ma l’Italia deve anche valorizzare chi, dopo un periodo all’estero, vuole investire nel nostro paese o chi dopo aver acquisito conoscenze e know-how in università estere potrebbero metterlo a disposizione del nostro paese.

E quindi bisogna insistere nella promozione della cultura italiana, non nel senso puramente scolastico di cultura, ma di una cultura che significa l’orgoglio di essere buoni genitori, di avere una profonda responsabilità sociale, di essere capaci di sviluppare e gestire tecnologie, di raggiungere l’eccellenza in tanti settori, dal design, all’arte, alla manifattura. Ma è anche necessario innovare questa cornice, costruire meccanismi e piattaforme di interazione scientifiche e tecnologiche tra Italia e comunità italiane estere, che aprano percorsi di collaborazione per il mondo della ricerca e dello sviluppo scientifico e industriale. Ad esempio, attraverso la creazione di “Istituti Galileo” nei maggiori centri di ricerca americani per consentire visiting fellowships rivolte a cittadini italiani, identificare aree di ricerca di comune interesse, lanciare collaborazioni industriali e costruire fondi di investimento.

Se le nuove generazioni di italiani all’estero chiedono maggiore mobilità e le generazioni precedenti chiedono servizi più efficienti, un’Italia più forte conviene a tutti. Un’Italia che ha tanto da guadagnare dalla valorizzazione delle reti di italiani all’estero, e da un voto che esprima rappresentanti qualificati e competenti. Un’Italia che, attraverso i suoi emigrati, può ritrovare sé stessa.

 

 

 

iMille.org – Direttore Raoul Minetti
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