sabato
14 OttIo mi sento italiano. Profili e storie della “seconda generazione”.Roberto Isibor
di Roberto Isibor.
iMille sostengono l’approvazione dello Ius Soli e pubblicheranno da oggi storie e testimonianze sul tema.
Nato a Pescara nel luglio 1992 da genitori nigeriani (entrambi di etnia Edo), acquisisce la cittadinanza poco prima dei 18 anni, contestualmente all’acquisizione della nazionalità italiana da parte della madre.
Laureato in Giurisprudenza presso l’Università di Bologna – con un master in diritto dell’Unione Europea al King’s College di Londra – oggi lavora per lo studio legale Baker Mckenzie di Milano, dove si occupa di contenzioso civile e commerciale.
Da dove viene la tua famiglia e in quale paese ti senti più a casa?
Mia madre si è trasferita in Italia nel 1989, all’età di ventun anni, in cerca di un futuro migliore per sé e con l’ulteriore fine di aiutare il resto della sua famiglia rimasta in Nigeria. Ebbe la fortuna, sin dai primi mesi in Italia, di conoscere una famiglia abruzzese (precisamente di Città Sant’Angelo, provincia di Pescara) che la prese a lavorare e la trattò sin da subito come una figlia. Mio padre arrivò invece molto dopo, quando io avevo già sei anni.
Mi sento fortunato ad esser cresciuto in un piccolo paesino del centro-sud Italia ed al contempo ad aver “subito” l’influenza della cultura nigeriana nella mia vita; elemento che si è però manifestato seriamente soltanto in età adolescenziale e soprattutto durante l’università. Solo in quel periodo ho riscoperto un forte interesse verso le mie origini e verso l’Africa più in generale, concentrando i miei studi – sia a Bologna che a Londra – sulle modalità di sviluppo della regione africana; non a caso l’Africa rimane un mio focus anche nell’attuale ambito lavorativo. Ciò detto, devo dire che, per varie ragioni, l’Italia rimane la terra a cui sono più legato e l’Abruzzo l’unico posto in cui mi sento realmente a casa.
Cosa ha significato per te acquisire la cittadinanza italiana?
La cittadinanza italiana è stata per me il riconoscimento di qualcosa al dir poco ovvio; sono sempre stato italiano, ciò a prescindere da ogni pezzo di carta o riconoscimento legale: sono nato in Italia, ho vissuto e studiato in Italia, ho imparato (come tutti i miei coetanei) a parlare il dialetto locale prima di qualsiasi altra lingua – in altre parole, sono sempre stato italiano e non per scelta. Viceversa, il mancato riconoscimento di quello che per me era qualcosa di a dir poco palese, mi ha tenuto in uno status di diritto (ed a volte di fatto) di inferiorità, fondamentalmente in un limbo e nel paradosso di essere, per la legge, cittadino di un paese che non conoscevo ed a cui mi sentivo legato solo indirettamente. Con l’acquisizione della cittadinanza italiana mi sono tolto di dosso un peso con cui ho convissuto per anni, completando e rafforzando il senso d’appartenenza verso quello che è, volente o nolente, il mio paese.
iMille.org – Direttore Raoul Minetti
[…] *pubblicato sulla rivista iMille […]